Come è cambiato il rapporto tra alberi e bambini? E più in generale tra giardini e bambini?
Me lo sono chiesto in una passeggiata in Villa Comunale a Napoli qualche giorno fa. Con la mente ho percorso la Città: cancelli chiusi alla Villa Floridiana ed al Parco Virgiliano. Ed in altri quartieri di Napoli i nostri parchi e giardini pubblici non se la passano meglio.
Solo il Real Bosco di Capodimonte resiste: la sua ampiezza conserva sempre una porzione messa in sicurezza e protetta per i visitatori, anche per i più piccoli.
Oggi tra scarsa manutenzione ed allerta meteo per i cambiamenti climatici e l’inasprimento di venti e piogge, si guarda al verde con sospetto. Ed a ragione perché Napoli, in una decina di anni, registra purtroppo tre vite spezzate dall’incuria del verde urbano che ha dato una grande mano alla fatalità.
Se guardiamo ai giochi della nostra infanzia, possiamo ricordare quanto gli alberi ne abbiano fatto parte. Ciascuno di noi ha contato almeno una volta nella vita fino a 31, sotto la chioma di un albero, mentre i compagni di gioco andavano a cercare un nascondiglio, magari proprio dietro un altro albero, dal tronco con un diametro possente.
E chi tra noi non si è, almeno una volta nella vita, arrampicato su un albero per poter cambiare completamente la prospettiva del proprio sguardo, emulando la “piccola vedetta lombarda” del libro Cuore, lettura tanto amata da tutti i bambini?
Ed ancora: quando giocavamo ai “Quattro Cantoni”, ricordo che sceglievamo 4 alberi e da lì partiva il gioco con tutti i suoi incroci.
Alcuni alberi, poi, avevano radici “esposte” e chiome allungate e basse e si prestavano a giochi di fantasia più estremi, come ipotizzare rifugi primitivi tipo capanne, oppure case di fortuna alla Robinson Crusoe. Ciascuno di noi si sceglieva un albero-casa…
Oggi il dialogo tra bambino ed albero è praticamente inesistente perché l’albero è visto come una sorgente di pericolo e non come una possibilità di gioco creativo, da svolgersi assieme ad altri coetanei.
L’unica possibilità che oggi può sussistere per riannodare i fili di un rapporto che può molto nutrire l’immaginario del bambino, assieme alla sua consapevolezza ambientale, è sperimentare un nuovo dialogo: il bambino abbandona per necessità il ruolo di fruitore e veste i panni del conservatore.
Il bambino-conservatore compie tre azioni:
- cura il verde già esistente;
- mette a dimora nuovo verde;
- cura il verde che ha messo a dimora.
In tutte le azioni la cura è l’elemento strategico per la conservazione di un rapporto utile per il futuro della nostra città.
Nell’Anno Internazionale della Salute delle Piante 2020, proclamato dalle Nazioni Unite, valorizzare il ruolo del bambino-conservatore del verde urbano è per Napoli una possibilità per allevare una nuova generazione più consapevole dell’importanza del verde in area urbana.
Con questa convinzione siamo attivi con il GreenCare School che promuove il rapporto tra infanzia e natura, tra bambini ed alberi.
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